Lo stile ossessivo

Lo stile ossessivo

Due sono le configurazioni familiari nel cui ambito, in genere, si sviluppa questo stile di personalità: la famiglia ambivalente-coercitiva, carraterizzata da un atteggiamento genitoriale preoccupato ma impersonale e la famiglia ambivalente-evitante, caratterizzata da genitori rifiutanti ma attenti, che, per fare un esempio, utilizzano il gioco con finalità educative, spogliato di ogni spontaneità, e senza partecipazione emotiva. Famiglie come questa pongono un’enfasi eccezionale sulla dimensione cognitiva. L’uso della cognizione permette infatti sia di cogliere in maniera più efficace le regole e i canoni secondo i quali dare significato alle situazioni, sia di costruire criteri stabili per selezionare i propri stati interni.

E’ abbastanza comune che sin da piccoli si facciano a questi bambini richieste di maturità e di responsabilità eccessive. Ciò, in futuro, potrà determinare lo sviluppo di una autosufficienza compulsiva, intesa come ricerca di certezza attraverso la perfezione (è il caso di quei bambini che sembrano adulti in miniatura, e, all’interno della classe, sono tenuti in alta considerazione grazie all’elevato sviluppo delle capacità cognitive, risultando di contro poveri di spontaneità e inadeguati nelle relazioni con i coetanei), o, in alternativa, il bambino coinvolgerà il genitore con richieste esagerate di rassicurazione o con l’elenco di tutti i possibili rischi legati ad un allontanamento.

Alle ruminazioni possono seguire delle azioni stereotipate compiute nella pretesa di annullare il pericolo immaginato, riportando lo stato di agitazione entro limiti più accettabili: soprattutto rituali di lavaggio e di controllo. La dimensione intellettuale è lo spazio in cui prende forma la rivoluzione adolescenziale, alla ricerca di leggi, canoni, princìpi attraverso cui ricavare quella certezza esplicativa che coincide con la stabilità della propria identità. Di fronte a stati emotivi perturbanti, l’iperattivazione cognitiva diventa lo strumento per riguadgnarne il controllo. Il venir meno della corrispondenza a quei principi che forniscono i criteri di certezza fa oscillare il senso di sè verso una valutazione altrettanto oggettiva della propria negatività e intrinseca inferiorità, generando il tema della colpa.

La conseguenza più evidente dell’ipercognitività è una sorta di rallentamento, più manifesto nella dimensione dell’agire, legato all’incapacità di distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è. Da ciò derivano l’indecisione e/o la procrastinazione, oltre che un atteggiamento dubitativo paralizzante e inconcludente. In tal senso i rituali e le ruminazioni divengono come isole di certezza raggiungibili attraverso la cognizione.

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