Lo stile DAP: Disturbi alimentari psicogeni

Lo stile DAP: Disturbi alimentari psicogeni

Dalla metà del XX° secolo, in concomitanza con l’avvento della tecnologia dell’informazione, l’uomo comincia a cercare fuori di sé, nel grande palcoscenico della realtà rappresentata dai media, le linee su cui modellare le propri azioni ed emozioni. La condizione della ricerca di un’identità secondo un polo di riferimento esterno genera lo sviluppo di una sensibilità eccezionale ale azioni, emozioni, desideri e aspettative dell’altro; così, attraverso l’aderenza al mondo dell’altro, questo stile di personalità accede alla comprensione di sé. La lettura di sé attraverso la sintonia su fonti esterne è evidente, oltre che a livello emotivo, ai livelli percettivo, cognitivo e dl senso globale di sé.

Fra i nostri pazienti è anche comune ascoltare i problemi che derivano dall’assenza dell’alterità come polo attraverso cui accedere a una comprensione di sé; è questa una condizione descritta come senso di vuoto, dissolvimento, annullamento, frammentazione. I vari quadri sintomatologici sono quindi il prodotto emergente di una tensione essenziale tra due polarità : da un lato la presenza dell’altro percepita come definitoria del Sé, dall’altro l’assenza, in cui il Sé senza l’altro si avverte come un nulla.

Ciò comporta da un lato un senso di inaffidabilità personale in ogni situazione che richiede una seppur piccola presa di responsabilità personale; alte volte, invece, l’inattendibilità personale è regolata da un’immagine ideale cui continuamente aderire, come se si recitasse la vita secondo un personaggio preso a prestito da un copione. Ciò genera una percezione di inautenticità , di perdita di spontaneità e una marcata attitudine al perfezionismo, che i pazienti spesso descrivono some “senso di bluff”.

Questo stile dell’identità personale prende forma prevalentemente di fronte all’imprevedibilità delle risposte delle figure di attaccamento del bambino. L’inattendibilità e l’incoerenza della risposta materna ai segnali del bambino si accompagna a una difficoltà di discriminazione degli stati interni, generando un senso di vaghezza e di difficile focalizzazione dell’identità. Il bambino diviene progressivamente più abile a corrispondere a fonti esterne di riferimento; il primato del racconto ideale, di come le cose e le persone dovrebbero essere, piuttosto che di come sono in realtà, caratterizza lo stile familiare. L’imbarazzo, l’empatia e l’invidia assumono un ruolo centrale in questo stile di personalità, così come in seguito l’orgoglio, il senso di colpa e la vergogna.

In seguito, da una situazione di identificazione con gli standard genitoriali, il bambino passa alla loro interiorizzazione. Il senso di colpa, pertanto, segnalerà ad esempio al bambino la non-adesione del comportamento in corso allo standard genitoriale. In altre parole, questi bambini non riescono a definirsi e a valutarsi se non per mezzo dell’altro, che diventa il centro del giudizio valutativo.
L’ingresso a scuola rappresenta un vero e proprio banco di prova, sia per il genitore che per il bambino; per il genitore, perché sulla valutazione del rendimento scolastico rimodella e aspettative, gli atteggiamenti, la comunicazione con il bambino, per il bambino, che sulla corrispondenza o meno a standard di eccellenza forniti dal genitore regola il senso di accettazione personale. Questo determina lo strutturarsi di una identità molto più vaga e fluttuante, e una più intensa sensibilità al giudizio.

Chiaramente, in epoca adolescenziale, la “corrispondenza a” pone contemporaneamente il problema della “demarcazione da”. In generale, più la figura di riferimento è invadente e giudicante, più il bisogno di demarcazione è forte e può manifestarsi sia come oppositività aperta che come aggressività passiva. Nel caso dei disturbi anoressici, la capacità di controllare la fame diventa il mezzo ultimo per l’affermazione dl Sé; nel caso dei quadri di obesità, il cibo diventa il mezzo per lenire l’ansia di inadeguatezza, il senso di annullamento o il senso di vuoto da cui ci si sente pervasi. Nei quadri bulimici c’è una commistione della sintomatologia: l’ingestione, spesso compulsiva, di cibo, cioè l’abbuffata, condotta in uno stato quasi ipnotico, regola la percezione della negatività personale, e di solito si arresta per un senso di riempimento. A quel punto si genera uno stato emozionale di colpa. Il vomito è l’azione correttiva che permette di riparare la colpa.

Il tema della gestione del confronto e dell’accettazione si evidenzia nettamente nel corso della costruzione, mantenimento e rottura dei legami affettivi. Infatti se l’altro è troppo presente a ciò può corrispondere un senso di incapacità personale; se l’altro è assente, si può generare un senso di vuoto. La grande diversità dei quadri clinici può essere decifrata lungo un continuum concretezza /astrazione: a un livello di maggiore concretezza l’immagine di sé è identificabile con gli aspetti corporei. Per le femmine è l’estetica corporea che misura il valore personale,mentre l’equivalente per i maschi è la virilità. Procedendo verso una dimensione di maggiore astrazione, l’immagine di sé si struttura su aspetti psicologici o caratteriali, su capacità intellettive o emotive.

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