HIKIKOMORI : la sindrome culturale dell’ autoreclusione

HIKIKOMORI : la sindrome culturale dell’ autoreclusione

In Giappone un’intera generazione sta sparendo, chiusa in sé stessa e nel proprio rifiuto di esistere, isolata dal mondo, auto-reclusa tra le mura della propria stanza, circondata da videogiochi, computer e fumetti. Il fenomeno, denominato Hikikomori e iniziato negli anni ottanta, riguarda oltre un milione di giovani giapponesi, la maggior parte di sesso maschile, che in maniera apparentemente non motivata, o per reazione a episodi di bullismo o a esami scolastici andati male, si ritira nella propria stanza e vi rimane ininterrottamente per lunghi periodi, spesso molti anni, abbandonando scuola, amici, ogni tipo di comunicazione spesso anche con i familiari, e costringendosi a un completo isolamento.

Oggetto di studi da parte di psicologi, antropologi, sociologhi, filosofi, questi adolescenti compiono la loro inconsapevole azione di difesa verso il mondo che sta fuori: “La cultura del vincitore a tutti i costi e della massima esposizione mediatica porterà sempre più persone, soprattutto giovani, a “chiamarsi fuori”, preferendo una non vita da eremiti metropolitani…” commenta dal suo osservatorio di Tokio Michael Zielenziger, autore del libro “non voglio più vivere alla luce del sole” e tra i primi a cogliere questa tendenza, questa specie di epidemia che allo stato attuale non rappresenta più un problema solo del Giappone.

Nella società giapponese un figlio Hikikomori è un disonore tale che la famiglia mantiene il segreto per anni prima di interpellare un medico, soggiogata dal senso di vergogna. Il Giappone è la seconda potenza economica del mondo e il fenomeno agisce in risposta alle disumane pressioni che coinvolgono la governance vigente, che promuovono un supelavoro che diviene nel tempo inumano e destabilizzante per il nucleo familiare. Hikikomori diventa cosi una forma di nichilismo retro-attiva, uno sciopero non violento e silenzioso, una lotta contro il male di vivere (si parla di “ribellione muta”).
Oltre all’isolamento sociale e all’incomunicabilità, gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi, ma non è facile comprendere se questi siano una conseguenza della reclusione forzata a cui si sottopongono o una concausa del loro chiudersi in gabbia. Le giornate di un hikikomori sono caratterizzate da lunghe dormite mentre le ore notturne sono spesso dedicate a guardare la tv, a giocare al computer, a navigare su internet, leggere e giocare in borsa on line.

La mancanza di contatto sociale e la prolungata solitudine hanno effetti profondi sull’hikikomori, che gradualmente perde le sue competenze sociali, i riferimenti comportamentali e le abilità comunicative per interagire con il mondo esterno. Tra le condizioni psicopatologiche più frequentemente associate si annoverano l’agorafobia, disordini dello spettro autistico , disturbo di personalità evitante, depressione, distimia, disturbo schizoide della personalità, ansia o fobia sociale.

Il trattamento prevede o l’approccio medico-psichiatrico classico, o un approccio che potremmo chiamare di risocializzazione , nel quale l’hikikomori viene allontanato dalla casa di origine e ospitato in una comunità alloggio in cui sono presenti altri hikikomori, dove viene incoraggiato a reintegrarsi attraverso diverse attività quotidiane condivise.